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Il censimento
del 1881 faceva ammontare a 115 i falegnami nel Comune, 58 dei
quali "padroni", gli altri "giornalieri". Si perpetuava una
realtà di estrema frammentazione di minute attività produttive,
destinata a protrarsi ancora a lungo. Come si é visto, le botteghe di maggior prestigio erano quelle di Vincenzo innocenti,
di GioBatta Mochen e di Francesco Montani. Un qualche rilievo
ebbe anche la falegnameria e deposito di legname di GioBatta
Rossi, che rimase iscritto per una decina di anni nelle
liste |
Alcuni attrezzi |
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della Camera di Commercio. Tra coloro che raccolsero l'eredità di Mochen
é da ricordare Carlo Tiberini, a lungo suo
collaboratore. Dopo la morte del maestro, nel 1893, la
Cattedrale gli commissionò numerosi manufatti intagliati e
delicate riparazioni; per il Comune costruì mobilio per uffici e
scuole.
Tra il 1887 e il 1892 il Seminario costruì la villa
sulle colline a oriente della città. Un lavoro ingente, per il
quale prestarono la loro opera diversi falegnami: un certo Marchioni, Raffaello Magi e Giovanni Baldicchi fabbricarono le
bussole, alcune finestre e le persiane; tal Merendini fece le
banche della cappella con i rispettivi sedili. |
Carta intestata di Giustino
Cappelletti (1902) |
Ma fu
Giustino Cappelletti l'esecutore della parte più cospicua degli
infissi e del mobilio. Questo
"ebanista falegname" della frazione di Lerchi aveva
acquisito totalmente prestigio e un'apprezzabile clientela.
Nell'esposizione del 1893 era stato unico falegname, a parte Mochen,
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a vedere esposti alcuni suoi prodotti: una sedia di noce
fatta per i Corsi, un armadio scrivania per il conte Della Porta
e un tavolino da lavoro per i Cesaroni. Aveva fama di valente
costruttore di porte e finestre. Quando i fratelli Leopoldo e
Giulio Franchetti edificarono la villa sul colle della Montesca
tra il 1885 e il 1888, affidarono a lui l'esecuzione del
portone, delle porte esterne e di quelle interne a tamburo,
degli infissi, delle persiane e delle finestre di cipresso con
tutti i vetri. L'archivio notarile conserva l'atto privato con
cui Franchetti commissionò 31 persiane, dieci delle quali
finte, "in cipresso ben stagionato della miglior qualità"
e "con stecche d'abeto senza nodi all'estremità".
Cappelletti ebbe tre mesi di tempo per realizzare i manufatti. Nel
1899 gli esigenti confratelli della Società Laica del
Camposanto gli ordinarono le porte della Chiesa maggiore
del Cimitero. Riguardo a quella "sinistra, che mette
nel sotterraneo della nuova chiesa", disegnata dall' Arch.
Giuseppe Castellucci, il contratto prevedeva che fosse formata
da dieci formelle e rispettive cornici di legno di noce e
verniciata a cera e che il fusto fosse di legno castagno.
Concordarono il prezzo di L. 32 al m2; non includeva
ferramenta, serrature, chiave e chiodi speciali, forniti dalla
Società. Le condizioni si rivelarono particolarmente onerose
per Capelli il quale decise comunque di completare l'opera
"con sacrifizio", per sola sua
"soddisfazione" e "reputazione". Lo
cercarono anche da altre località: nel 1891 realizzò tutti gli
infissi per il nuovo locale del Tiro a Segno di Pieve Santo
Stefano. All'inizio
secolo Cappelletti si trasferì a Città di Castello. Mantenne
un clientela prevalentemente privata. In Municipio realizzò la
poltrona in noce del gabinetto del sindaco completata proprio
nell'anno della morte, il 1915. Ne avrebbe continuato l'attività
il figlio Giuseppe, che ereditò dal padre le qualità di
ebanista, ma con il tempo indirizzò la bottega di via San
florido soprattutto verso la produzione di casse funebri. La
documentazione d'archivio offre elementi conoscitivi di tre
piccole botteghe. Di quella dei Magi si ha notizia fino agli
anni '20 del Novecento. Natale avvio al mestiere tre figli,
Adelmo, Raffaele e Filippo, che figurano episodicamente tra i
fornitori di Comune e Cattedrale. Di
certi falegnami si conosce la triste condizione per le
conseguenze dell'alluvione del 1896, quando le acque del Tevere
inondarono le parti più basse della città e in particolari il
quartiere di San Giacomo, Giuseppe Braganti vide il livello
della piena raggiungere m 2,20 all'interno della bottega. Subì
il grande deterioramento del "legname grasso" sommerso
(noce castagno e abete) e la "perdita assoluta del legname
trito"; lamentò anche il "danno di tutti gli attrezzi
per ora inservibili, i minuti persi totalmente nella malta
[fango, n.d.a.], fra l'altri il diamante da tagliare i
cristalli"; e ancora, la perdita o la dispersione di
"cassette di colla, bolette e viti assortite, colori, olio
cotto, copale, carte vetrate, pomice" e di un "fiasco di
spirito per lustrare il mobilio".
Altre informazioni sulle condizioni di lavoro dei falegnami le
offrono alcune contravvenzioni. Rivelano infatti la tendenza
anche da parte loro a trasgredire al divieto di " eseguire sulla
pubblica strada qualsivoglia industria di mestiere". Si tratta
di un'inadempienza diffusa, perché la ristrettezza degli spazi e
la carenze igieniche della bottega rendevano certo più salubre,
almeno nella buona stagione, lavorare nel vicolo. Non sempre,
però, le guardie municipali potevano chiudere un occhio.
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FRAMMENTAZIONE
DELL'ARTIGIANATO
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Un
artigianato cosi frammentato e composto di minuscole unità
produttive era così ricco di tradizione, ma appariva sempre
cosi arretrato da un punto di vista tecnologico e culturale,
in difficoltà di fronte all'incalzante sviluppo della società
contemporanea e di dinamiche economiche che esigevano più
moderne e cospicue iniziative imprenditoriali. Cambiamenti di
un certo rilievo stavano pero succedendo anche localmente. I
falegnami, così come i fabbricanti, si erano mossi
all'unisono e con energia per fondare la Scuola Operaia e,
dall'autunno del 1909, sia maturi artieri, sia garzoni di
bottega frequentavano in gran numero e con impegno i corsi
serali per aggiornarsi sul disegno e sui nuovi orizzonti del
loro mestiere. La seconda classe di quell'anno inaugurale
vedeva seduti l' uno a fianco a l'altro artigiani entrati
nelle storia della città. Nutrito era il gruppo dei
falegnami, personaggi i cui nomi ricorrono in queste pagine:
Assalonne Arcaleni, Esdra Angelotti, Silvio Baldichhi, Matteo
Biagini, Giuseppe Cappelletti, Torello e Quinto Cristini,
Giuseppe Fortuni, Augusto Pellegrini, Aziaco Rossi, Gualtiero
Verini.
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PRIMI
ALBORI DI SVILUPPO
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Carta
intestata della Società Lavorazione Legnami |
Contestualmente,
anche tra difficoltosi tentativi, veniva avviato lo sviluppo
tecnologico e industriale. Si tramandava che la prima sega
a vapore, azionata con un motore per trebbiatrici, sia stata
messa in funzione da Giustino Cappelletti e Giustino Cristini,
allora soci a Lerchi. Tale fu la |
curiosità per questa macchina in grado di
segare i tronchi, che molti tifernati si recarono a
piedi a Lerchi per ammirare tanto portento. La novità era
considerevole: infatti avrebbe soppiantato il duro lavoro
manuale dei segantini nella conciatura del legname per le
falegnamerie. Ma è l'anno 1907 che segna la svolta nella
storia di questo settore produttivo a Città di Castello.
L'inadeguatezza della tradizionale bottega dovette apparire
ancor più evidente alla luce del generale risveglio della
attività economiche nel primo decennio del secolo e dei
nuovi scenari di sviluppo offerti dall'introduzione
dell'energia elettrica in città. Quasi simultaneamente, due
iniziative rivelarono sia la maturazione di una coscienza
cooperativa, sia il crescente spirito imprenditoriale della
borghesia locale. A maggio 19 artigiano, presieduti da Luigi
Mancini, costituirono la Cooperativa di Lavoro tra Falegnami
e Affini: si proponeva l'assunzione di commesse a vantaggio
dei soci e l'apertura di un magazzino di legnami per
rifornirli di materia prima. Appena un mese dopo
sorse la società Anonima Lavorazione
Legnami |
(SALL).La
promosse un'ibrida aggregazione di proprietari terrieri,
facoltosi commercianti ed esponenti della borghesia
professionale, insieme a essi, due falegnami: Angelo Agnellotti
e Giustino Cristini. La società intendeva "esercitare
l'industria della lavorazione dei falegnami in genere, della
fabbricazione dei mobili e delle macchine agricole |
Carta
intestata della "Cristini" (1920) |
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e simili.Aveva mire ambiziose e decise di
costruire un nuovo stabilimento fuori le mura, acquistando
del terreno agricolo proprio dietro la stazione ferroviaria.
Per dotarsi di macchinario elettrico, richiese subito una
fornitura a tariffa ridotta; l'amministrazione comunale si
dichiarò "lieta di veder sorgere un'industria" e, per
favorirne l'impianto, concesse sette cavalli di energia a
condizioni agevolate e un sussidio per l'inghiaiamento della strada per la Fonte del coppo,su cui
l'azienda si affacciava. Nella stessa area si insediò anche la
"Gualterotti & Malvestiti", fu proprio la SALL a
costruire il capannone che affittò all' officina meccanica. |
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TRA
INDUSTRIA E ARTIGIANATO
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Il
Laboratorio dello Stabilimento Lavorazione Legnami (1913) |
Nel
terzo decennio del Novecento l'industria tifernate della
falegnameria poteva vantare due aziende di una consistenza,
per quanto ancora modesta, superiore agli standard
tradizionali. In Via della Fonte del Coppo, la Cristini
Giustino & Figli aveva caratteristiche analoghe alla Società
Lavorazione Legnami: segheria di servizio per botteghe
artigiane e fabbrica di mobili e infissi in grado di
soddisfare commesse anche cospique.
...
Alla metà degli anni '30 la "Cristini" contava otto addetti;
la Società Lavorazioni Legnami 12, destinati di lì a poco a
crescere di qualche unità. I dati, comunque, includevano anche
i titolari. Entrambe mantennero costanti i rapporti di
lavoro con gli enti pubblicitari e gli enti religiosi, in
concorrenza, anche per modeste commesse, con l'artigianato
minuto; e a entrambe si rivolsero per le esigenze di
falegnameria o di laboratorio importanti enti privati, come la
Fattoria Autonoma Tabacchi, la Scuola Operaia "Bufalini" e la
Cassa di Risparmio.
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TENTATIVI
DI RILANCIO DELL'ARTIGIANATO |
Nel
1922, nell'allestire la Mostra Retrospettiva del Ferro
Battuto, la Scuola Operaia volle dare spazio anche agli
artigiani del legno per promuovere la fragile economia locale
nel suo complesso. Solo alcuni degli invitati ebbero modo di
poter contribuire con propri manufatti, ma don Enrico Giovagnoli espresse ugualmente la soddisfazione degli
organizzatori: "Fra i falegnami incisori e intagliatori
non mancano opere meravigliose: il tavolo intarsiato da capo
officina della scuola Augusto Pellegrini, elegante e solido
nello stesso tempo, la specchiera ad intaglio del Bartolini,
che sa trattare il legno con rara maestria, e
vicino a queste maggiori le |
I
Falegnami di Città di Castello, con la loro bandiera, a
San Paterniano (1924) |
cornici intarsiate del giovane Bruschi, ingegno
versatile che sa ancora fabbricare violini di voce dolcissima,
e le prime prove dei più giovani maestri di legname". E
inoltre:"Oreste Gambuli ha ideato un elegante servizio in
legno lucido per the, l'officina Vigna e Amantini degli
splendidi mobili in malacca e giunco, una cassa armonica
sobriamente intarsiata per grammofono". In
questi anni di riscoperta dell'artigianato artistico, per i
falegnami più ambiziosi poteva rappresentare un significativo
punto di riferimento le munifiche donazioni di Elia Volpi. Il
celebre antiquario di origine tifernate nel 1912 aveva
restaurato a proprie spese e donato alla città il palazzo
Vitelli alla Cannoniera, perché ospitasse la locale
pinacoteca. Lo aveva arredato per intero con una delle sue
collezioni di mobili d'epoca: seggioloni con braccioli e da
parata, sedie "a fratina", sgabelli, panche e
cassapanche , scrittoi "a lira", tavoli di varia
tipologia, consolles, armadi-libreria, leggii. Insieme a essi,
pregevoli opere intagliate e intarsiate provenienti dai
conventi cittadini soppressi. All'inizio del Novecento Volpi
era stato tra i principali interpreti a livello internazionale
di un gusto dell'arredamento, con conseguenze mercato
antiquario, in cui mobili autentici dei secoli passati
convivevano con altri restaurati reimpiegando elementi di
diverse epoche e altri ancora fabbricati più recentemente a
imitazione di stili antichi. L'arredamento ligneo della
pinacoteca di Città di Castello costituiva un museo nel
museo, ancor più valorizzato dall'apertura nello stesso
palazzo, nel 1927, della sede della biblioteca comunale. I
falegnami che allora partecipavano con maggiore attenzione
agli eventi culturali cittadini non potevano non subire il
fascino del mobilio esposto. Ma certamente ne frustrò le
ambizioni-così come avvenne per gli artieri del ferro
battuto-la modestia del mercato locale, nell'ambito del quale
la clientela benestante e colta, già di per sé di esigua
consistenza, vide ridimensionato il proprio potere d'acquisto
dai rivolgimenti economici-finanziari del Ventennio. Il gusto
del bel mobile d'epoca venne tenuto in vita dai migliori
falegnami e soprattutto dalla Scuola Operai, il cui
laboratorio di ebanisteria,diretto da Augusto Pellegrini,
nella Mostra dell'Artigianato del 1937 esibiva ancora
pregevole mobilio in "stile Rinascimento". Proprio
in quella circostanza vennero esposti camere e salotti
disegnati nel più in voga "stile Novecento" da due
giovani intellettuali tifernati, l'architetto Angelo Baldelli
e il pittore Aldo Riguccini. Li fabbricarono la società
Lavorazione Legnami e Matteo Biagini, le uniche aziende,
insieme alla "Cristini", che tenevano degli operai e
potevano permettersi in qualche modo di proporre alla
clientela idee di arredamento nuove e di commerciabilità ancora
tutta da verificare. Per gli altro falegnami, salvo sporadiche
eccezioni, non sembrava esserci altra prospettiva al di fuori
della faticosa e prosaica attività al servizio di committenti
pubblici con poche risorse finanziarie a disposizione e
clienti privati per lo più poveri e poco esigenti.
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IMMEDIATO
DOPO GUERRA |
Gli
studi statistici per il piano regolatore, nel 1959, fecero
ammontare a 34 il numero delle botteghe di falegnameria
situate entro le mura urbiche; una si trovava al di fuori,
altre 15 nelle frazioni. Alcuni dei vecchi protagonisti della
storia di questa industria stavano per venir meno: Esdra
Agnellotti morì nel 1963; l'anno dopo scomparve l'ultimo
Cristini, Quinto. Nel frattempo, però, lo scenario di tale
settore produttivo stava vivendo una profonda trasformazione.
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TOP |
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